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“Oreste Bogliardi e gli amici del Milione”: arriva il catalogo della mostra-ricerca di mano del Centro Studi “Osvaldo Licini”


Il catalogo, sulla base della mostra, si configura come lavoro di studio e approfondimento riguardo le opere di Bogliardi ad oggi note, e i suoi interlocutori, in particolare coloro che insieme a lui segnarono per sempre l’affermarsi dell’astrattismo in Italia, attraverso la celebre esposizione del 1934 alla galleria “Il Milione” di Milano, la cui sede storica è andata distrutta da un incendio nel ’43. Una parte introduttiva, curata da Daniela Simoni, direttrice del Centro Studi; un capitolo saggistico sulla pittura dell’artista e dei suoi contemporanei, nonché colleghi e amici, di mano dello storico dell’arte Franco Tagliapietra; un approfondimento sulla storia, l’influenza e il respiro internazionale del “Milione” in quegli anni, di Stefano Bracalente; e in ultimo, la biografia di Oreste Bogliardi, dall’occhio e dalle ricerche di sua nipote, nonché editrice d’arte, Arianna Ghilardotti.
«Vedo la mostra come il punto di arrivo di una storia partita quando posavo per lui», dice la Ghilardotti, «quando rimanevo così affascinata da quella tavolozza che teneva in mano». Come la stessa spiega, l’artista, di famiglia modesta, fu sempre «legato allo studio dell’arte, curioso dello stile degli altri pittori, della forma e dei colori della realtà»; uno spirito insaziabile, che lo ha portato a spaziare dalla ritrattistica, alla pittura di paesaggio, fino ad approdare agli astratti, ai geometrici, e ad accarezzare le suggestioni cubiste. Dopo la guerra e la morte della prima moglie, accompagnate da un consapevole disgusto per il mondo delle gallerie, la decisione di ritirarsi dalla vita pubblica per dedicarsi esclusivamente alla pittura; «Abbiamo un’ampia produzione pittorica attribuibile a Oreste» sostiene sempre Arianna, «di cui ad oggi possediamo circa un centinaio di opere, ma sono sicura che in giro ce ne sono almeno il triplo, se non il quadruplo».
Insieme alla produzione di Bogliardi quella del Ghiringhelli e del Reggiani, anime della profonda innovazione che, nel ’34 in particolare con la loro mostra, dalla galleria del Milione si dipanò per tutta la Milano dell’epoca, realtà dal respiro così profondamente europeo. «La galleria» come illustrato da Stefano Bracalente, «si impose contro la pittura borghese ottocentesca, che andava per la maggiore»; «il Milione – per la sua vita breve, e nonostante essa – fu una fiammata che ha lasciato terreno fertile»: quell’esigenza di evadere il campo della forma, di trovare la suggestione prospettica in formazioni astratte, geometriche, ha dato il là all’affermarsi anche sul nostro Paese di una nuova idea di arte.
«Una mostra – questa di Oreste Bogliardi» come dice Daniela Simoni, «che ci ha consentito anche – e soprattutto – di riportare l’attenzione sulla produzione astratta di Licini», e quindi sulle innovazioni lampanti che ha mostrato ai nostri occhi, e agli occhi di una scena artistica che l’ha considerato modello e fonte indiscutibile d’ispirazione.
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