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Intelligenza Artificiale. La sua positività, i suoi rischi. Un caso

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di Adolfo Leoni

fermo@vivere.it


Lunedì 20 febbraio. Mattinata da incorniciare. Piazza del Popolo di Fermo è completamente assolata. Temperatura gradevole. Ho chiuso il computer e vado a fare due passi. Lungo Corso Cefalonia incontro un amico, noto professionista, comparto sanità. Mi prende sottobraccio e dice di avere una sorpresa per me. Raggiungiamo il tavolo di un caffè chiuso e lui, guardandomi e brandendo il telefono cellulare, mi dice: «Ora facciamo un articolo su piazza del Popolo». «Ok» rispondo incuriosito.

Ma a scriverlo non saremo né io né lui. Sarà un meccanismo digitale: vogliamo chiamarla una Intelligenza Artificiale? Essì: Intelligenza Artificiale da una piattforma particolare.

Il mio amico chiede un pezzo di trenta righe. Sul piccolo schermo del cellulare si formano parole che diventano frasi. Conto le battute: trenta righe esatte. Leggo l'articolo: è perfetto. Non saprei fare di meglio.

«Bello – dico - ma anche inquietante...». Facciamo un'altra prova e il risultato è il medesimo: ottimo pezzo. Funziona anche in altri ambiti. Sempre più «bello e sempre più inquietante». Inquietante perché mi sento fatto fuori dalla professione.

E sapete perché? Rifletto che sistemi così “perfetti” potranno sostituire il lavoro delle persone.

Restringo il campo a quella mia. Già gli editori contraggono le redazioni, diminuiscono il numero dei giornalisti professionisti, calano i compensi, hanno già da tempo eliminato alcune figure: titolisti, impaginatori, etc. La tecnologia li ha superati.

Quindi in futuro potranno commissionare articoli direttamente alla IA. Non ci credete? Potrei passarvi la piattaforma. Comunque, il dibattito si sta accendendo. Anche perché esiste qualche altro rischio. Il mio amico l'ha sperimentato: ha chiesto un articolo sulle “ragioni” dei Russi in Ucraina. L'articolo è arrivato talmente esaustivo che quasi quasi Putin appare l'uomo della Provvidenza.

«Sarà un problema», penso. Poi, cambio idea. Potrà essere invece una grande sfida. Una sfida basata sulla qualità. Ma il mio amico avverte: «Guarda che, incamerando sempre più dati, le risposte saranno sempre di maggior qualità» E, allora?

Allora, siamo d'accordo entrambi nel dire che il confronto sarà sull'animus, sul sentire, sulla capacità del giornalista – restando sempre circoscritto alla mia professione - di cogliere e mobilitare sensazioni. L'Intelligenza Artificiale non afferra l'animo umano, le sue passioni. Non può aver poesia. Potrà scrivere versi ma non gli slanci, gli affetti, il dolore, la felicità.

«Facciamo una prova», chiedo al mio amico: «Interroghiamo l'IA sul tema dell'amore». Risposta: «Non conosco l'amore, non mi occupo di questo settore». Capito!!!

Ci spostiamo in campo medico. Anche qui la IA sta facendo passi da gigante e la piattaforma in questione sta dando responsi sempre più precisi. Responsi ma non umanità. Potrà mai sostituire il senso di umanità e di accoglienza di un medico al di là delle sue capacità professionali?

Facciamo un altro passo in avanti. Siamo entrambi d'accordo che dinanzi a queste geniali invenzioni deve crescere un sempre più acuto senso critico per un uso corretto e positivo. Nulla va abiurato, cioè. Se l'intelligenza dell'uomo ha creato un altro tipo di intelligenza, dobbiamo servircene, a fin di bene, e usarla in modo positivo. Occorre però una super dose di capacità critica da sviluppare specie tra le generazioni nuove.

E qui la complessità diventa più... complessa, aprendo molti scenari.

S'è fatto mezzodì: il sole ci scalda ed è piacevole discutere. Conveniamo che una delle prossime lezioni dell'imminente Student Competition la dedicheremo a questo argomento con il prof. Emanuele Frontoni.

Prima di lasciarci, il mio amico accenna ad una scena finale dello splendido film Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Nel 1968, il regista anticipava alcuni temi di una tecnologia capace di sostituirsi all'uomo. La sequenza è quella della ribellione di Hal 9000, il supercomputer che ha fatto morire alcuni astronauti di una nave spaziale statunitense. Il sopravvissuto, Bowman, rientrato dallo spazio per miracolo, può far solo una cosa per fermare Hal: può disattivarlo. Ma come? Con un semplice cacciavite. L'unica difesa?






adolfo leoni




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