Gente di Campo. L’agricoltura di oggi e quella di ieri. Il prospero Piceno

Tito Livio racconta dell'abbondante frumento, e dei numerosi generi di esso, che colpirono Annibale di passaggio in questa nostra terra. Dal grano il pane, magnificato nell'epigramma 46 di Marziale: «Picentina ceres niveo sic nectare crescit. Ut laevis arrepta sponcia turget aqua». Come dire: il pane piceno si gonfia di bianchissimo nettare, come una spugna si gonfia di acqua. Poi, ci sono le pere, le mele e le olive. Ne parlano Plinio, Orazio, Giovenale. Marziale afferma di più: non c'è banchetto importante e che si rispetti che non inizi e termini con le olive picene. Non a caso anche oggi conosciute in tutto il mondo. Un altro record è quello della carne suina, la cui lavorazione nella nostra Terra Felix risalirebbe a 3000 anni fa. A Marziale venne sicuramente l'acquolina in bocca descrivendo le salsicce picene (Filia Picenae) «confezionate in corone di profumata carne suina».
La porchetta era anche il cibo che, in occasione della Cavalcata dell'Assunta, veniva offerto alle delegazioni delle terre amiche. Non ho mai capito perché gli amministratori fermani non abbiano mai pensato a farne una denominazione comunale.
Grande attenzione era riservata anche alla pecora adriatica che, Michetti scrive, «aveva un pregio maggiore di altre, perché secondo alcuni, figliava due volte l'anno».
E del vino vogliamo parlarne? Lo facciamo dire a Tito Livio, traducendolo: «... quella ricca e fertile regione (il Piceno), rianimava i soldati con vini invecchiati che là abbondano, medicando perfino gli zoccoli dei cavalli». E Plinio aggiungeva: «I vini dell'Adriatico, quello prodotto a Pretuzio e Ancona, e quello, della stessa qualità, prodotto da Palma, si chiamano Palmesio».
Che aggiungere? Che torni l'abbondanza di un tempo!

Questo è un articolo pubblicato il 03-07-2021 alle 10:11 sul giornale del 04 luglio 2021 - 182 letture
In questo articolo si parla di adolfo leoni
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