La Regina di Fermo. La Protettrice della diocesi. Anche chi non crede saluta ed ama la Madonna del Pianto. E c’è un perché, molto carnale.

C'è un voto che fecero amministrazione comunale e comunità cittadina, e che ogni anno: il 20 giugno, viene ricordato. Passava il fronte del Secondo conflitto mondiale. I tedeschi avevano realizzato tra il fiume Tenna e il fiume Chienti una linea difensiva. Si sarebbe combattuto duramente per rallentare la risalita degli “Alleati”. I fermani si raccomandarono alla Madonna del Pianto, e quando la città non fu toccata dagli scontri, in altri luoghi molto cruenti, corsero a ringraziarla nel Santuario a lei dedicato.
Un grande arcivescovo del passato, Norberto Perini, affidò a Lei «la rinascita morale, religiosa e civile della diocesi dopo l'esito disastroso della guerra» compiendo quel che è stata chiamata la “Peregrinatio Mariae”. Era il 1948.
Questo sabato 9 gennaio, con la pandemia ancora in corso, non ci sarà processione dal Santuario sino in Duomo. Il simulacro della Madonna, debitamente coperto, è stato caricato su una vecchia “campagnola”, la jeep italiana. Dietro e ai lati sono andati i componenti dell'omonima confraternita. Un andare in silenzio. Stavolta niente canti, niente preghiere. Ognuna le fa in cuor proprio.
Alle 17,45 l'arrivo in Cattedrale. Non è semplice lo smontaggio. La chiesa è già gremita nel rispetto delle norme anti Covid. Le seconde porte, dopo quelle di bronzo, vengono spalancate. La gente si alza, volta lo sguardo all'ingresso. I Confratelli spingono la statua. C'è penombra. Il volto di Maria appare terreo seppur dolce. Quelle spade che la trafiggono sono i dolori dell'umanità come bene ricorderà il giorno successivo il vescovo di Fano, mons. Armando Trasarti, già vicario generale della nostra arcidiocesi. Uomo che i dolori li conosce e li patisce.
Tra i fedeli c'è chi si segna, chi si inginocchia. E c'è chi non trattiene le lacrime. La commozione ci lambisce. È sempre così dinanzi all'immagine tenera della Vergine. Poco più tardi l'arcivescovo Rocco Pennacchio parlerà di questa Madre cui affidarci con speranza certa. Nei giorni successivi la predicazione sarà affidata a fra Sergio Lorenzini, Ministro provinciale dei frati Cappuccini delle Marche.
Ma c'è un “Cammino” che mi piace raccontare. Un cammino di fede, a piedi, che procedeva in occasione del Settenario da Capodarco alla Chiesa cattedrale. Iniziava quando ancora era notte: alle quattro, come ricorda Isabella Bianchini. Si partiva in gruppo, il parroco davanti che recitava l'invocazione dei Santi: alla Regina di Fermo com'era chiamata la Madonna del Pianto, e poi a san Michele, protettore contro il male, san Raffaele, «guida sicura dei nostri passi», san Gabriele, che infiammava i cuori dei credenti, e all'Angelo custode, custode di noi tutti. La prima tappa era il cimitero di Capodarco; la seconda presso la fontana detta di San Martino. Alla terza tappa, nei pressi di Salette, si aggiungevano i pellegrini giunti da San Marco alle Paludi. Insieme si scendeva e risaliva per la scorciatoia sotto San Francesco. Alle 7,30 l'arrivo: il Duomo, il simulacro della Vergine, la soddisfazione. Un canto, e gli sguardi verso di Lei e da Lei verso di loro, e un affidarsi alla Sua protezione.

Questo è un articolo pubblicato il 17-01-2021 alle 11:01 sul giornale del 18 gennaio 2021 - 301 letture
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