Il mio BUON GIORNO

3' di lettura 01/04/2020 - La quarantena potrà diventare opportunità di riflessioni personali e di progetti per quanto saremo tutti fuori.

Quando abbiamo lanciato da questo sito l'hashtag #guardiamoavanti, circa dieci giorni fa, avevamo avuto, forse per primi, la sensazione netta che occorresse, oltre alla salute fisica, preservare anche quella mentale insieme allo sguardo positivo sul futuro. Non basta dire: andrà tutto bene, perché le cose vadano bene. Occorre che quel bene ce lo costruiamo, pezzo per pezzo, passo su passo.

«Il nichilismo gaio» di cui parla il filosofo Augusto del Noce, e «la società euforica» di cui trattava tempo fa il sociologo Salvatore Abruzzese, oltre ad essere fuorvianti, sono effimeri, l'abbiamo visto, non reggono più.

La quarantena è durissima, e ancor più lo sarà nelle prossime due settimane. Potrà però diventare opportunità di riflessioni personali e di progetti per quanto saremo tutti fuori.

Mi auguro sinceramente che le cose cambino. Che la politica cambi, e che cambino gli uomini della politica; che cambi l'economia (questa globalizzazione s'è sfrangiolata); che cambi l'Europa (così non va proprio, ma lo si sapeva, fondata com'è sul nulla se non il dio quattrino, che fa molto usura e mammona insieme). In primo luogo però è che ognuno di noi dovrà acquisire qualcosa di diverso. Altrimenti, abbiamo patito un mese di nulla e i giochi torneranno tali e quali.

Quando papa Francesco insisteva sull'ambiente e sull'immigrazione, e a me, sinceramente, sembrava proprio troppo, eccessivo, ripetitivo, voleva solo allenarci, portarci in palestra. Voleva dirci: attenzione, state violentando il creato, con le conseguenze che ne verranno; attenzione, avete perso la carica di solidarietà, con le ricadute facili a prevedersi. Aveva intuito, aveva ragione. Ha ragione.

Perché si muti, occorre una nuova cultura. Faccio un salto pindarico dall'Europa ai nostri lidi, anzi, ai nostri monti. Nell'articolo qua pubblicato, il sindaco di Smerillo Antonio Vallesi parla di un rilancio del territorio (Marche sud) possibile a partire proprio dalla cultura. Ma non è quella televisiva, dei consueti circoli mediatici (sempre gli stessi), dei soliti grandi nomi (sempre uguali: prima il nome poi il cognome, quindi prima il cognome e poi il nome...) in circolazione dovunque e dappertutto, con folle osannanti di individui che il solo contatto fisico col vip da tv sembra loro concedere il blasone dell'identificazione con la cultura alta. La cultura vera (che assomiglia a coltura ed ha a che fare con la terra) è sollecitare la propria, di terra, ad esprimersi, è sollecitare la nostra gente a parlare, a dire, a fare, e non a ripetere; a tirar fuori cioè quel che si è e quel che si fa, quell'eredità gelosa nascosta sui monti, nei colli, in riva al mare. Non è rinchiudersi in una sorta di meschino e gretto provincialismo, ma indagare la nostra storia per attingere specificità che possano diventare socialità (le comunanze agrarie), economia (artigianato, botteghe, circuiti di distribuzione agro-alimentare locale), politica (boh).

Mai come in questo momento abbiamo bisogno del genius loci. Di capire profondamente quel che è la nostra terra. Altrimenti sarebbe solo colonizzazione e decadente periferia!!!




Adolfo Leoni


Questo è un articolo pubblicato il 01-04-2020 alle 10:35 sul giornale del 02 aprile 2020 - 373 letture

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