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Francesco Valeriani e la scuola dell'amorevolezza

8' di lettura 16/01/2020 - Del mondo educativo mi ha colpito la meraviglia del tirare fuori il meglio di noi per riuscire a tirare fuori il meglio di qualcun altro.

Francesco Valeriani è un ragazzo di 34 anni indegnamente cristiano, com’è solito definirsi. Ha scelto l’insegnamento come mezzo per poter aiutare chi si trova in situazioni di difficoltà e per favorire una cultura dell’educazione. Ha creato il blog https://www.francescovaleriani.com per condividere con altri docenti alcuni dei contenuti educativi che reputa importanti. Negli ultimi due anni si è dedicato molto di più a situazioni di classe, trascurando il progetto online che ha intenzione di riprendere quanto prima.

1) Tre aggettivi con cui ti descriveresti.
Spirituale, Osservativo, Speranzoso. Mi piace che le tre lettere iniziali formino un SOS, ovvero una richiesta di aiuto. Credo che la spiritualità, l’osservazione e la speranza siano necessarie se si vuole prestare soccorso a qualcuno.

2) Perché hai deciso di diventare maestro?
Inizio con una piccola premessa: non mi reputo un maestro ma semplicemente una persona che cerca di aiutare i bambini a tirare fuori il meglio di loro stessi. Sembrerà strano ai più, ma non mi piace essere chiamato maestro. Francesco va più che bene. Ho deciso di iniziare il corso di studi per diventare insegnante grazie al consiglio di un sacerdote che sulla scalinata della chiesa mi disse qualcosa del genere: “Francesco, basta cambiare continuamente facoltà. Hai mai pensato di iscriverti a Scienze della Formazione Primaria?”. Fino a quel momento mi ero iscritto a quattro facoltà diverse dando in tre anni ben due esami, quelli che piacevano a me: sociologia e informatica. Una volta iniziato il percorso universitario che mi era stato suggerito, sono riuscito a sostenere tutti gli esami nei tempi previsti. Del mondo educativo mi ha colpito la meraviglia del tirare fuori il meglio di noi per riuscire a tirare fuori il meglio di qualcun altro. Per educare qualcuno occorre prima educare sé stessi.

3) Perché hai scelto di perseguire la strada del sostegno?
Inizialmente non volevo perseguirla, sono stato uno dei pochi che durante il corso di studi non voleva svolgere l’anno aggiuntivo per conseguire la specializzazione sul sostegno. Le circostanze hanno voluto che appena laureato non ci fosse l’immediata possibilità di insegnare, pertanto avrei perso un intero anno. Per non rimanere con le mani in mano, decisi di prendere la specializzazione sul sostegno che dava maggiori possibilità di lavoro e svolsi anche un Master in Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento. Il giorno che dovetti scegliere se iniziare a lavorare come insegnante curricolare o di sostegno parlai con moltissime docenti per avere il maggior numero di informazioni. L’idea di aiutare chi aveva particolari difficoltà cominciava a interessarmi. Dopo due ore di intensa riflessione decisi di intraprendere la strada del sostegno, scelta che ho rinnovato negli anni successivi.

4) Come promuovi l’inclusione a scuola?
Affinché un bambino si senta incluso deve svolgere attività che lui possa svolgere, attività pensate per lui. Se qualcuno non riesce a stare all’interno delle regole convenzionali, cambiamo le regole del gioco. Alcuni giochi non permettono l’inclusione. Pensiamo a un qualsiasi sport come il basket. Come può un bambino su una sedia a rotelle giocare una partita a basket insieme ai suoi compagni? Se lo lascio giocare senza cambiare le regole del gioco, nessuno avrà interesse nel passare la palla al bambino con disabilità perché molto probabilmente non farà canestro. Se invece quello stesso bambino può fare punti grazie a un canestro più basso, allora anche gli altri avranno tutto l’interesse a passargli la palla. Cambiamo le regole del gioco sportivo e didattico.

5) Quali sono le strategie didattiche utili a favorire l’apprendimento della lettura e della scrittura?
Credo che per imparare a leggere e a scrivere si possano utilizzare diverse strategie didattiche. Tutte favoriscono l’apprendimento e l’abilità. L’arte del docente sta nel riuscire a capire quale sia la migliore per quella classe in quel momento. L’approccio pedagogico dell’insegnante è altrettanto fondamentale, in quanto le migliori strategie didattiche perdono tutta la loro forza se non sono accompagnate da empatia, amorevolezza, osservazione, ascolto attivo e da quel sano distacco che permette di educare nel migliore dei modi.

6) Chi è l’animatore digitale?
È una nuova figura educativa. Ogni Istituto scolastico dovrebbe averne uno. Si tratta di un docente che si occupa di formare od organizzare incontri di formazione e laboratori finalizzati a migliorare le competenze digitali degli insegnanti. Viviamo in un mondo in cui i genitori regalano cellulari a bambini di 4-5 anni, dunque i nostri studenti sono abituati al linguaggio visivo. Utilizzare i nuovi media per promuovere l’apprendimento è una strada da percorrere perché, se conosciuta, permette di ottenere una maggiore attenzione da parte degli alunni, di includere chi ha determinate difficoltà, di ottenere alcuni risultati in maniera più veloce, di arrivare dentro le case mediante video didattici. Questo approccio spesso permette di instaurare rapporti migliori con i genitori che con i loro occhi possono vedere l’impegno del docente arrivare sin dentro casa. L’animatore in questione promuove infatti una cultura del digitale che sia condivisa da scuola e famiglia. Forse ancora non ce ne rendiamo conto, ma le nuove tecnologie possono essere una risorsa molto importante per tutti noi, a patto che siano ben utilizzate. La media education, ovvero l’educazione all’uso dei media, è di primaria importanza nella nostra società. Ancora viene fatto troppo poco per i nostri studenti.

7) Com’è nata l’idea del blog Educo Essendo?
Ho iniziato a creare siti internet all’età di tredici anni. Ogni periodo della mia vita è stato scandito da un sito internet che rispecchiava i miei interessi. Quando ho iniziato a svolgere la professione dell’insegnante ho capito che realizzare un blog su questo tema avrebbe potuto creare un circolo virtuoso nella mia vita capace di migliorarmi come docente e allo stesso tempo in grado di migliorare altri docenti italiani. Insieme è meglio.

8) Che insegnante sei?
Sono un insegnante che cerca di aiutare i bambini nei momenti di difficoltà, che cerca una strada per favorire l’apprendimento, purtroppo sbagliando spesso. So bene che gli errori sono preziosi perché permettono di capire quali strade percorrere e quali no, dovremmo esserne grati. Sono un insegnante in cammino che apprende lezioni di vita dai bambini, che in alcuni momenti ringrazia per la fortuna e l’onore di poter svolgere questo lavoro. So anche quanto in alcuni momenti sia necessario saper stringere i denti di fronte alle difficoltà, quanto sia importante focalizzarsi sul bene dei bambini. Dovremmo chiederci tutti i giorni cosa possiamo fare per quello studente, come possiamo risolvere quella particolare situazione. Spesso e volentieri il nostro cervello è capace di trovare buone soluzioni. Se la soluzione del cervello fatica ad arrivare, lasciamoci aiutare dal nostro cuore. L’amorevolezza a volte arriva laddove non riusciamo in altro modo.

9) Se fossi Ministro dell’Istruzione quali cambiamenti apporteresti al sistema scolastico italiano?
Se fossi il Ministro dell’Istruzione in un Paese che permette di operare in modo professionale, senza ragionamenti politici di sottofondo, ma nel solo interesse di bambini e ragazzi, credo che alcune cose le cambierei. Per prima cosa farei lavorare gli insegnanti 8 ore al giorno per 5 giorni, chiudendo le scuole il sabato e la domenica. I bambini e i docenti hanno bisogno di riposarsi e di rigenerarsi in modo opportuno. Investirei molti soldi nel mondo dell’istruzione per ristrutturare gli edifici e metterli in sicurezza aggiungendo aule per la ricerca didattica, per il contenimento di alunni che non riescono ad autoregolare le loro crisi, per le attività motorie e attrezzerei zone verdi per incentivare l’apprendimento all’aperto. Aumenterei di conseguenza lo stipendio medio a 2.300 euro visto il maggior numero di ore lavorative e l’importanza del ruolo svolto per la società. In ogni provincia creerei un sistema di monitoraggio della qualità della didattica istituendo un corpo docente specializzato nelle ispezioni degli istituti. Elaborerei un questionario di gradimento da far compilare a ogni alunno. I risultati sarebbero ottimi strumenti per scoprire eventuali situazioni di difficoltà non ancora venute a galla. Obbligherei i docenti che in classe hanno alunni con Bisogni Educativi Speciali a svolgere corsi in merito a quel particolare bisogno educativo che devono affrontare quotidianamente. In ultimo, istituirei la presenza di uno sportello che offra supporto psicologico ai docenti e agli alunni.

10) Qual è il tuo motto?
Tutti siamo educatori. L’insegnante non è una professione che si può fare, insegnanti si è. Non posso urlare a un bambino di stare zitto perché creerei in lui un conflitto interno fra l’esempio diseducativo ricevuto e il messaggio educativo che viene imposto urlando. Occorre pertanto essere coerenti e in grado di chiedere scusa quando non riusciamo a esserlo. Se voglio insegnare a modulare il volume della voce, devo impegnarmi io in prima persona a farlo. Credo che tutti noi siamo in grado di modulare la voce se vogliamo, tutti siamo in grado di dare il buon esempio. Tutti possiamo educare, non solo gli insegnanti e gli educatori professionali. Ogni essere umano è un educatore. Se lo vuole. Credo fermamente nel ruolo ricoperto dai docenti nella società. Molti non si rendono conto dell’importanza dell’educare, alcuni non sanno come farlo, altri non si pongono il problema, altri ancora per fortuna s’impegnano e s’informano. La strada da seguire è quest’ultima. Io stesso devo impegnarmi e informarmi. Le strategie educative sono numerose, vanno studiate e applicate in classe con amorevolezza.


di Michele Peretti
redazione@viverefermo.it







Questo è un articolo pubblicato il 16-01-2020 alle 01:28 sul giornale del 17 gennaio 2020 - 2321 letture

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