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Fermo:L'arte di Silvano Zanchi


E sin dalla porta d'ingresso, dove la maniglia in bronzo argentato e lavorato sembra un ramo d'albero. Si suona per entrare.
Silvano Zanchi lascia il retro e il breve banco su cui è chino, viene ad aprire con il camice bianco. Occhi azzurri e occhiali della stessa sfumatura. La stretta di mano è vigorosa.
Mi chiedo come quella forza diventi delicatezza nell'uso dei piccoli strumenti con cui realizza gioielli.
Silvano ha 71 anni ed è un orefice di vaglia. Intorno trovo collane, bracciali, anelli, oggetti di gran fattura. Lui lavora molto l'oro. Quando arrivo stava preparandone una fusione. Sento il rumore del forno in sottofondo. Un suo avvertimento è: «L'oro non va ridato indietro, va rielaborato. L'oro resta».
Il cognome tradisce l'origine non fermana. Zanchi è originario di San Sepolcro dove ha studiato presso l'Istituto d'Arte. Diplomato, a 19 anni partecipa ad un concorso. Lo supera. Potrà insegnare. La scelta è tra l'Istituto di Anzio e quello di Fermo. Ma dove il mare è più vicino? A Fermo. Diventa tra i docenti più giovani d'Italia, deve ancora fare il militare.
A quel tempo la sezione di oreficeria era sperimentale. L'intento della presidenza però è quello di trasformarla in ordinaria. La qual cosa farebbe comodo al nostro artista che viene spedito a Roma, al Ministero della Pubblica Istruzione. Lo accoglie un dirigente che porta lenti spessissime. Il dr Chiatti ascolta la perorazione. Dice poco. Al termine saluta, con fare distaccato. Zanchi torna a Fermo.
Il giorno successivo, incrocia sulle scale dell'Istituto d'Arte il prof. Laurenti che, gambe divaricate e schiena dritta, sventola un documento. «Che sarà success?» si chiede il prof. Silvano. È un telegramma. Il Ministero ha approvato il passaggio di Oreficeria da sezione sperimentale a ordinaria. È ufficiale. Zanchi ce l'ha fatta.
I periodi successivi li ricorda con estremo piacere. «Facevo di tutto: - ricorda - fabbro, meccanico, orafo. E i miei ragazzi si prodigavano senza risparmio». Racconta di un fatto che oggi farebbe scalpore. «Lavoravamo in un laboratorio con quattro bombole di gas vicine ai cannelli». I tempi evolvono e la sicurezza pure. Attualmente molti degli artigiani-orefici che operano nel territorio sono stati suoi allievi.
Per 32 anni docente, oggi Zanchi lavora soprattutto su ordinazione. «È quel che salva l'attività. Il commercio è in difficoltà». Le sue produzioni girano il mondo. Sino al 2018, ogni due anni, ha preso parte alla grande mostra di Bergamo. I suoi pezzi sono stati presenti a quelle di Genova, Milano, Padova, Ferrara, senza poi dire del Kuwait e di Dubai. Mi mostra le foto di alcune copertine di metallo nobile realizzate per contenere bibbie. Scorgo anche un calice originalissimo dalla forma evocativa (la nascita) di un uovo appoggiato su cristallo di quarzo grezzo su base di piombo e fascia centrale riccamente cesellata. C'è anche l'immagine di un pastorale per mons. Armando Trasarti, vescovo di Fano, con il manico di lapislazzolo blu lavorato in modo che ricordi l'onda del mare. Ma forse l'opera cui tiene di più è un cofanetto in legno di ulivo, con le iniziali in oro di Joseph Ratzinger, che contiene calice, croce, panno e ostia, donato a Benedetto XVI in occasione della sua visita a Jesi. Sempre il bello, prima di tutto!

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