“La Passeggiata Impossibile” sul palco del Teatro D. Alaleona di Montegiorgio

3' di lettura 29/01/2019 - In occasione del Giorno della Memoria, presso il teatro D. Alaleona di Montegiorgio, Cesare Catà, insieme alla bravissima pianista Melissa Galosi, ha portato in scena la prima di tre “lezioni spettacolo”, volute dall'Assessorato alla Cultura del Comune.

“Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro [...]”. Così nel 1949, il filosofo Theodor W. Adorno condanna l'Umanità a non potersi più gloriare dell'arte della poesia, perché non più meritevole di una tale bellezza, dopo le indicibili nefandezze avvenute nei campi di sterminio.
Paul Celan, nasce a Cernauți (oggi Černivci) nella Bucovina Settentrionale e vive sulla sua pelle le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento nazisti, deportazioni che gli strapperanno via la famiglia, insieme alla serenità. Diviene quindi, il poeta portavoce degli “annichiliti” e lo fa, proprio in lingua tedesca, la sola che possa poetare le atrocità perpetrate dal Regime Nazionalsocialista.
Si scontra quindi con l'idea di Adorno; la poesia diviene il mezzo per ricordare, ancor prima della storia, le profonda ferita che l'Umanità si è autoinflitta con la Shoah. Celan vive e lavora a Parigi come poeta e traduttore, evitando sempre di metter nuovamente piede in Germania per un lungo periodo di tempo.
Eppure, nel 1967, si trova a fare una lunga passeggiata lungo i sentieri che si snodano nella Foresta Nera, proprio in Germania, proprio nella proprietà di un altro filosofo, questa volta direttamente colpevole d'aver aderito al nazionalsocialismo tedesco, e che mai fece un passo indietro riguardo la sua adesione al Regime hitleriano: Martin Heidegger. In quella passeggiata di circa tre ore però, nonostante entrambi avessero cercato un dialogo per anni, il poeta Celan e il filosofo Heidegger, non riuscirono a parlare di nulla, se non di quelle che in quell'occasione possiamo chiamare frivolezze, quali il meteo e la botanica.
Cesare Catà racconta come quel silenzio venne inteso dalle due figure in maniera totalmente differente: Celan credeva che in quel silenzio heiddegeriano fosse racchiuso tutto il profondo senso di colpa interiorizzato negli anni dal filosofo, in una sorta di taciturna ammissione di responsabilità personale; mentre Heiddeger, interpretò il silenzio dell'interlocutore come l'ammissione del fatto che fosse impossibile per un poeta, dialogare con chi conosceva più di chiunque altro le basi filosofiche esistenziali e metafisiche del nazismo. Io credo si sia trattato solo un rispettoso silenzio cerimoniale che la filosofia e la poesia, interiorizzate in quei due uomini a passeggio nella natura, decisero di tenere, incapaci di capacitarsi del perché con la Shoah, la storia fosse potuta arrivare a tanto. Nell'abisso oltre il verso e oltre il pensiero, tutto tace.
Consiglio la lettura della poesia di Paul Celan: Todesfuge (Fuga di morte). Questi versi, letti da Catà sul palco del D. Alaleona, sono quanto di più appropriato per raccontare come, un singolo uomo riesca, attraverso la poesia, a far suo il dolore di milioni di persone; di queste stesse persone costrette al silenzio, Celan è divenuto la voce, l'eterno urlo abissale, che verrà udito ogni qual volta l'Umanità resterà nuovamente in silenzio di fronte ai propri crimini.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-01-2019 alle 14:10 sul giornale del 30 gennaio 2019 - 1041 letture

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