Amandola: Il continuo smantellamento dei servizi pubblici essenziali nei borghi di montagna

3' di lettura 15/05/2018 - Poste Italiane sta procedendo all’attuazione del progetto di recapito a giorni alterni, ora anche nella nostra area interna e, come se il terremoto fosse finito, a rendere attuale la volontà di chiusura dell’ufficio di recapito in Amandola, a partire dai primi di Giugno p.v., all’unico scopo di tagliare i costi.

Nelle sedi che contano, in Italia, sembrano tutti aver dimenticato il terremoto. Un terremoto storico, che ha causato danni epocali, a quei pochi che decidono per molti, sembra finito e, quel che è peggio, agli occhi di lor signori, sembra tutto risolto. L’Italia centrale è a terra.
La vita di molte persone è stata stravolta, il terremoto sociale è nel suo pieno vigore. In questo quadro, dalle “torri d’avorio” si decide come se il terremoto non ci sia stato.
Recapito a giorni alterni significa smantellamento ulteriore dei servizi pubblici essenziali, da parte di un’azienda che riceve finanziamenti pubblici, diminuzione di posti di lavoro, aumento dei disservizi e allentamento del tessuto sociale, in un momento storico in cui è ancor più necessario valorizzare i rapporti umani. Chi vive in luoghi come questo, sa dell’importanza del servizio postale.
Senza sarebbe un “segno di vita” in meno, come dice Franco Copponi, di Amandola, con la sua foto della piccola frazione di Capovalle. Lo scopo aziendale è la riduzione dei costi, con inevitabili ricadute occupazionali. Non ci saranno licenziamenti, ma l’attuazione di questo progetto sta comportando, in Italia, la perdita di circa 4000 posti di lavoro per il futuro, con forte incidenza, quindi, sul tasso di disoccupazione.
Come sindacato, non possiamo limitarci a vantare la mancanza di licenziamenti o il fatto di aver ottenuto un taglio minore del previsto. Il lavoro si è spostato in altri settori? Azienda e sindacati si uniscano per capire dove e agiscano in quella direzione, piuttosto che, da parte aziendale, assumere persone qualificate e retribuirle a dismisura, solo per eliminare posti di lavoro e da parte sindacale restare sulla difensiva, firmando certi accordi.
Accanto al classico tavolo di contrattazione, azienda-sindacati, sempre più centralizzato a Roma, dovremmo ridare potere ai territori, in modo che si possa tener conto delle specificità di ciascuno.
Dovremmo, poi, istituire il “tavolo delle idee”. Potremmo, allora, definirci dirigenti sindacali e capitanare la nave verso nuovi orizzonti, piuttosto che accompagnarla a fondo. Questa non è la riorganizzazione di una società qualsiasi, ma di Poste Italiane.
Non è una riorganizzazione, ma l’ennesimo contributo alla disorganizzazione, all’impoverimento e all’abbrutimento del tessuto sociale, da parte di un’azienda che si vanta etica e responsabile e che nel suo ultimo slogan dice: ”Persone, paesaggi e borghi antichi: dal territorio la forza di Poste” e sullo sfondo una bellissima foto raffigurante lo scorcio di un borgo d’Italia.
Borghi a cui la stessa azienda toglie vita. Creatività è una parola che non ho mai sentito incentivare in questi ambienti.

Da Michela Gionni
Abitante di questi borghi
RSU SLC-CGIL Fermo








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 15-05-2018 alle 19:38 sul giornale del 16 maggio 2018 - 1096 letture

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