Vivere le storie: la grande famiglia Corradini ad Amandola

7' di lettura 02/10/2017 - Torniamo ad Amandola e lo facciamo per raccontare una storia simile ad altre, ma veramente interessante, che costata ancora di più quanto sia forte la voglia di vita nella zona montana. Una famiglia come tante, con due ragazzi giovani e dalle idee chiare. A parlare è Alice.

Alice da dodici anni lavora nell’azienda di famiglia, Elia invece da sei causa studi a Bologna. Abitano in frazione San Lorenzo, sopra il fiume Tenna.
Mamma Carla e papà Vittorio, sono lì da quando nel 1989 hanno lasciato il lavoro al comune di Milano e hanno deciso di vivere diversamente: diventando agricoltori. Vittorio è originario di Amandola e cosi decidono di acquistare degli appezzamenti di terra proprio nel suo paese natale. Dal 2014 i titolari sono diventati i figli e a lavorare sono in tre (figli e babbo) mentre Carla è pensionata, ma da una grande mano anche lei nelle varie attività.
Di cosa si occupano?
Terra, allevamento di bestiame, carne.
Già l’idea che Alice non mi nasconde, è quella di allargarsi e dare lavoro ad altri amandolesi o abitanti della zona, puntando molto di più sull’agricoltura sociale, che funzioni bene tanto da garantire la permanenza sul territorio di più persone possibili. Sì perché salvaguardarlo dai tanti pericoli che lo affliggono (spopolamento e abbandono in primis), è compito arduo. Per ora tutto ciò non è fattibile, mantenendo le piccole dimensioni che hanno e che comunque sempre vorrebbero mantenere, perché altrimenti dice Alice, “si perde la qualità a discapito della quantità e ciò non va mai bene”.
Coltivano cinquanta ettari di terra bio certificata, allevano bovini e suini nel numero di circa cinquanta bestie, ma comprano anche i vitelli per la carne nella zona di Amatrice, cercando di aiutare chi si trova nelle loro stesse condizioni e questa è una cosa che ci piace rimarcare.

I prodotti dell’azienda sono commercializzati soprattutto lavorando con i Gas (Gruppi di acquisto solidale) e singoli clienti, per la maggior parte nella zona del centro e nord Italia. Alice mi confessa che c’è stato da subito un bel rapporto con tanti clienti che sono anche venuti direttamente in azienda per visitarla e questo legame molto “umano”, per loro è fondamentale. Il cliente deve fidarsi del produttore e deve vedere come lavora e come produce. Effettuano la vendita diretta, lavorano nel mattatoio di Sarnano e li macellano la carne, mentre prima del sisma lo facevano nel laboratorio. La consegna dei prodotti avviene in fasi alterne: un mese Roma e le Marche, un mese in Italia settentrionale, soprattutto Lombardia e Veneto. Anni fa Carla e Vittorio avevano iniziato quasi per gioco a consegnare la carne tra i loro amici del nord e ora l’azienda porta 500 kg di carne ogni due mesi nella sola Lombardia! Molto è dovuto al passaparola e ovviamente si è maggiormente sviluppato nel nord-est per i motivi prima descritti. Nelle confezioni ben sigillate vi sono le istruzioni per cuocere la carne e per un periodo, avevano anche inserito delle ricette, “ma ora – dice Alice- non ho più tempo di scriverle, ma spero di tornare a farlo perché era una cosa molto apprezzata”.
Non fanno porta a porta, soprattutto nelle grandi città, ma organizzano dei punti di raccolta dove si fermano e la gente viene a ritirare i propri acquisti. Nei piccoli centri invece, si va casa per casa.
Per il momento consegnano in due, Alice ed Elia, ma vorrebbero sviluppare una vera rete.
La logistica è organizzata tramite mail o telefono. Hanno un bel sito che stanno aggiornando, ma non sono propensi a eseguire la vendita online, poiché la carne è un prodotto delicato e poi la fidelizzazione col cliente, è molto più facile e vera tramite i canali classici. Alice utilizza molto per esempio Google drive per gli ordini.
E dal 24 agosto, cosa è cambiato davvero, chiedo.

“Tutto è cambiato ma per fortuna siamo riusciti a continuare a lavorare, di modo da poter ammortizzare lo shock, altrimenti non so’ che fine avremmo fatto. Le prime scosse sono state inaspettate, per questo terribili, mentre quelle di ottobre in fondo, potevamo aspettarcele dato il forte stato di allerta in cui vivevamo. Ad agosto abbiamo dormito tutti in sala, pronti alla fuga, ma la casa già vedevamo avesse dei danni importanti. Quindi per sicurezza ci siamo spostati in un camper che una nostra cugina di Milano ci ha donato, poi è arrivata la roulotte che amici di Smerillo, gentilissimi, ci hanno prestato. La casa aveva già un’inagibilità di tipo E, quindi molto grave, mentre il laboratorio pur danneggiato, ancora no. Poi a ottobre anche quello è diventato inagibile; tutto era ed è da demolire. Abbiamo fasciato la casa per recuperare le cose. Nonostante tutto comunque questo vecchio edificio (indica la casa colonica) dei primi del ‘900, ha retto a tanti terremoti: quello del ‘72, del ‘97 e in fondo anche a questo, ma oramai comincia a cedere e quindi le soluzioni sono poche. Ma sappiamo che ha fatto il suo dovere ampiamente. “
A Dicembre sono arrivati i tanti agognati moduli, che non erano quelli descritti e auspicati, ma sono serviti comunque come riparo, come base. Loro non vogliono andare via da qui, dalle loro radici, anche se in molti hanno chiesto perché non abbiano scelto di ripartire altrove e la risposta che Alice e la sua famiglia ha dato, non ammette repliche:
“Perché qui c’è casa nostra, non ci manca nulla e nonostante tutto, amiamo questi posti.”
Dopo le scosse di Agosto, anche loro sono andati dagli psicologi che li hanno molto aiutati a superare le paure e da lì sono ripartiti. Mentre l’azienda ha subito molti danni, il lavoro ha comunque potuto continuare grazie al mattatoio di Sarnano della società Gra.Di.Vi:
“Dovremmo fare loro un monumento”, confessa Alice.
Ora vivere nel container non è semplice; sono lì dalla vigilia di Natale e rispetto alle casette di legno che dovevano essere loro assegnate, la delusione è evidente, ma bisogna pur ripartire e per ora questi sono i mezzi per farlo. Alice ha anche scritto e parlato col presidente Ceriscioli, in una lettera aperta che ha fatto il giro d’Italia, per descrivere davvero la situazione post-terremoto e di cosa la gente del cratere necessità realmente. Far sparire le attività produttive sul territorio, o un’azienda a conduzione familiare come la loro, significa smembrare le fondamenta di un’area, lederne le sicurezze e costringere chi ci vive a dover ragionare in altri termini: andarsene. Allora se questi moduli che la regione ha previsto in affitto a tre anni con rinnovo per altri tre alle famiglie, sono la ripartenza, che lo sia solo per un tempo limitato e non per tutta la vita.
“Noi ci siamo arrangiati grazie alla grande solidarietà di tutti i vicini e di chi è stato più fortunato di noi. Chi ci ha messo a disposizione la casa i primi tempi per la doccia, chi ci ha prestato un mezzo, chi qualche attrezzo. Questo è lo spirito che ci piace e che vorremmo passasse anche ai piani alti: ricostruire sì, ricominciare sì, ma non tanto per farlo, bensì garantendo i diritti che ogni cittadino dovrebbe avere, pensando alla persona come tale e non al numero che spesso rappresenta, “ chiosa Alice.
Per fortuna i Corradini non hanno mollato e continuano a donare alla loro terra tutto l’amore necessario. Un esempio come altri, di chi si rimbocca le maniche e resiste.


http://www.lafattoriabiologica.it/


di Marco Squarcia
redazione@viverefermo.it





Questo è un articolo pubblicato il 02-10-2017 alle 13:13 sul giornale del 03 ottobre 2017 - 2410 letture

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