"Le pietre dell’umanità"

Erodoto (V secolo a.C.), considerato il primo storico della letteratura occidentale, definito il fondatore della storia da Cicerone, scrive le sue ricerche (riferite principalmente alle guerre combattute tra i Greci e i Persiani e alle vicende dell’Oriente e della Grecia dalla metà del VI secolo in poi), presentando fatti, di cui distingue eventi visti con i propri occhi ed eventi sentiti raccontare: “Questa è l’esposizione delle storie di Erodoto di Alicarnasso perché le imprese degli uomini col tempo non siano dimenticate, né le gesta grandi e meravigliose così dei Greci come dei Barbari rimangano senza gloria, e, inoltre, per mostrare per quale motivo vennero a guerra tra di loro”(Erodoto, Storie, Proemio).
Aristotele (IVsec. a.C.) istituisce un’opposizione tra storia e poesia, privilegiando la seconda: “Da ciò che si è detto è chiaro che compito del poeta non è dire le cose avvenute, ma quali possono avvenire, cioè quelle possibili, secondo verisimiglianza o necessità. Lo storico e il poeta non si distinguono nel dire in versi o senza versi (si potrebbe mettere in versi gli scritti di Erodoto e nondimeno sarebbe sempre una storia, con versi o senza versi); si distinguono invece in questo: l’uno dice le cose avvenute, l’altro quali possono avvenire.
Perciò la poesia è cosa di maggiore fondamento teorico e più importante della storia perché la poesia dice piuttosto gli universali, la storia i particolari. È universale il fatto che a una persona di una certa qualità capiti di dire o di fare cose di una certa qualità, secondo verisimiglianza o necessità, il che persegue la poesia, imponendo poi i nomi. Il particolare invece è cosa fece o subì Alcibiade” (Aristotele, Poetica, 51a 36 -38).
I più grandi storici dell’antichità, Erodoto, Tucidite, per i greci, Livio e Tacito, tra i romani, concepivano la storia come monografia, trattazione di un singolo determinato argomento. Con il pensiero cristiano si fa strada l’idea di una storia universale dell’umanità (a partire dal racconto biblico, integrato con la storia romana e greca), con la prospettiva del futuro. S. Agostino elabora la concezione della storia come evento provvidenziale, dal finalismo intrinseco indipendente dalle azioni e dai progetti degli uomini, idea presente fino ad oggi nella forma originale o laicizzata.
Vico pone al centro della sua riflessione la storia, facendone una scienza nuova, l’unica possibile: “Ora, con tal ricorso di cose umane civili, che particolarmente in questo libro si è ragionato, si rifletta sui confronti che per tutta quest'opera in un gran numero di materie si sono fatti circa i tempi primi e gli ultimi delle nazioni antiche e moderne; e si avrà tutta spiegata la storia, non già particolare ed in tempo delle leggi e de' fatti de' romani o de' greci, ma (sull'identità in sostanza d'intendere e diversità de' modi lor di spiegarsi) si avrà la storia ideale delle leggi eterne, sopra le quali corron i fatti di tutte le nazioni, ne' loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini, se ben fusse (lo che è certamente falso) che dall'eternità di tempo in tempo nascessero mondi infiniti.
Laonde non potemmo noi far a meno di non dar a quest'opera l'invidioso titolo di Scienza nuova, perch'era un troppo ingiustamente defraudarla di suo diritto e ragione, ch'aveva sopra un argomento universale quanto lo è d'intorno alla natura comune delle nazioni, per quella propietà c'ha ogni scienza perfetta nella sua idea, la quale ci è da Seneca spiegata con quella vasta espressione: "Pusilla res hic mundus est, nisi id, quod quaerit, omnis mundus habeat” (Vico, Scienza nuova, libro quinto, 1744).
La frase di Seneca, tratta da Naturales Quaestiones, può essere tradotta “Il mondo sarebbe ben piccola cosa, se in esso tutto il genere umano non trovasse argomenti da indagare”. Voltaire per primo introduce l’espressione “filosofia della storia”: “Ma dopo aver letto tre o quattromila descrizioni di battaglie, e il contenuto di alcune centinai di trattati, ho trovato che in fondo non ne sapevo molto più di prima. Così non imparavo altro che avvenimenti.
”Lo storico dovrebbe cercare “ quale è stato il vizio principale e la virtù dominante di una nazione … vorrà sapere come le arti, le manifatture si sono stabilite … infine il suo grande obiettivo saranno i cambiamenti nei costumi e nelle leggi. Saprebbe così la storia degli uomini anziché conoscere una piccola parte della storia dei re e delle corti”(Voltaire, Nuove considerazioni sulla storia, 1744).
Non c’è storia senza uomini. Il mito del grande diluvio, a punizione degli uomini corrotti, ricorre in diverse tradizioni, costituendo archetipo dal contenuto primordiale. Nel racconto di Ovidio, gli dei erano addolorati, quando Giove aveva preannunciato la punizione, “e tutti vogliono sapere che aspetto avrà la terra una volta priva di uomini”.
Deucalione e Pirra, sfuggiti al diluvio universale, ricostruiscono l’umanità gettando dietro sé pietre, secondo l’oracolo della dea Temi “gettatevi dietro le spalle le ossa della grande madre”.
“E in breve tempo, per volontà degli dei, i sassi scagliati dalla mano dell’uomo assunsero l’aspetto di uomini, dai lanci della donna rinacque la donna. Per questo siamo una razza dura e rotta alle fatiche e i nostri atti provano di che origine siamo” (Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 245 - 415, 8 d.C).

Questo è un articolo pubblicato il 16-09-2017 alle 00:36 sul giornale del 16 settembre 2017 - 1946 letture
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